La figura del Personal Trainer raccontata da Alessandro Puggioni

 

Ci sono tanti luoghi comuni legati ai professionisti che lavorano nelle palestre e la figura del Personal Trainer non viene più vista con una certa serietà.

Non si tratta solo di due occhi vigili su un determinato esercizio, ma di una figura di reale supporto psico-fisico che può fare la differenza in un percorso sportivo.

 

Analizziamo la figura del Personal Trainer attraverso una piacevole chiacchierata con un vero professionista del settore.

Alessandro Puggioni, 30 anni, Personal Trainer e Istruttore Internazionale TRX ci racconta le tante sfaccettature del suo lavoro, che svolge con passione e grande impegno.

https://www.instagram.com/alessandro_puggioni___pt/

 

Perché è importante provare l’esperienza di un percorso con un personal trainer?

È importante per far capire quanto sia raggiungibile un dato obiettivo e far sì che l’atleta non abbia nessuna preclusione per il raggiungimento del suo obiettivo.

Ogni obiettivo può essere raggiunto.

È fondamentale stimolare la persona a fare sempre meglio senza dimenticare di credere in sé stesso/a.

A piccoli passi ognuno con il proprio tempo, si possono davvero raggiungere risultati che all’inizio sembrano insperati.

 

Come motivare chi non è motivato?

Il lavoro non può partire senza l’anamnesi e cioè l’intervista al primo incontro. Io solitamente la faccio durante il primo allenamento ed è fondamentale per iniziare un percorso.

Domanda dopo domanda si riescono a cogliere abitudini e piccoli dettagli che possono aiutarci a capire l’autostima e il carattere della persona che abbiamo di fronte.

Il rapporto nasce e si costruisce grazie a questa chiacchierata iniziale e aiuta noi a scegliere quali competenze e strategie mettere a servizio della persona che ci ha scelti.

Ogni atleta ha bisogno di un allenamento personalizzato e di una costruzione di un metodo su misura.

 

Il PT può essere presente anche a percorso finito? Può continuare ad essere un punto di riferimento anche dopo l’esperienza fatta insieme?

Dovrebbe. Uso il condizionale perché non sempre è così.

Per me il Personal Trainer deve essere presente sempre.

Se una persona sceglie di darti fiducia per 10-15-20 lezioni, non è che alla ventunesima che non farà, per qualsiasi motivo, la fiducia o il rapporto decadono.

 Il PT può (e secondo me deve) continuare ad essere un punto di riferimento.

Noi possiamo essere un ottimo inizio, un ottimo alleato per un lavoro costante e duraturo, dovremmo però anche insegnare agli atleti a prendersi cura di loro stessi in modo autonomo.

 

Come fare a gestire la delusione del non raggiungimento di un obiettivo di un atleta?

Il fallimento fa parte della vita.

Come per i nutrizionisti, figure con le quali noi lavoriamo a braccetto, non sempre si riesce a trovare il percorso giusto o non sempre si riescono a rispettare i tempi.

Siamo tutti diversi.  È una maratona non uno sprint.

Non bisogna mai paragonarsi ad altri perché la propria situazione fisica è unica e bisogna accettare i tempi che il corpo ci richiede.

 

Perché tu hai scelto questa strada?

Io sono il primo sponsor di me stesso. A 14 anni pesavo più di 100 chili, non sono mai riuscito a fare nessun tipo di sport in maniera continuativa perché mi pesava dover attenermi a orari prestabiliti.

Ho scoperto la sala pesi e la libertà che rappresentava l’allenamento senza orario. Ho cominciato da autodidatta e vedendo i primi risultati volevo diventare sempre più esperto.

A 18 anni ho avuto un brutto incidente e affrontato diverse operazioni molto complicate e posso dire che l’allenamento mi ha salvato la vita. Se non fossi stato in perfetta salute forse non sarei qui.

Da lì ho visto che poteva diventare la mia vita e il mio lavoro.

 

Ti è mai capitato di dover motivare, allenare qualcuno, in un periodo in cui anche a te mancava la motivazione? Come ne sei uscito?

Scindere la vita privata da quella professionale è sicuramente il primo passo.

Ammetto di essere un privilegiato perché faccio davvero ciò che amo.

Il lavoro che ormai è la mia vita mi salva sempre, mi aiuta a non pensare e mi solleva.

Io comincio il mio lavoro con chi mi dà fiducia e già questo mi tira su.

Lavorare con persone che mettono nelle tue mani la cosa più preziosa che hanno, la salute, è qualcosa che non può non farti sentire meglio.

 

3 aggettivi che non devono assolutamente mancare nella figura di un PT?

Pazienza, empatia (davvero fondamentale) e disponibilità.