Ginnastica mio-fasciale

La cosiddetta “fascia” altro non è che il tessuto connettivo e fibroso di tutte le strutture corporee: ne riveste ogni parte, dalla superficie alla profondità, come una muta da sub.

E’ composta da mesoderma, matrice extracellulare e cellule: paragonabile al substrato bianco della buccia d’arancia, è composta al 70% di acqua e costituisce il 20% del peso corporeo.

La fascia è molto innervata, con una componente sensoriale quadridimensionale. Partecipa solidalmente alle funzioni vitali meccaniche, metaboliche, elastiche e neurovegetative.

La si può compromettere a tre livelli: meccanico (sovrauso, infortuni) o per sedentarietà (pigrizia); cibo (cattiva alimentazione). Assolve a due principali funzioni: di coordinazione motoria e di mantenimento degli organi nella loro sede.  

Occorre allungare o tramite l’automassaggio con palline da tennis o in forma elastica con slanci, oscillazioni, molleggi e stretching finale. La fascia ha un recupero più lungo, perciò le sedute non devono superare i 40′ e bere molto dopo la sessione ginnica.

Se il lavoro muscolare è più lento e faticoso perché richiede molto dispendio energetico (sollevare un arto), quello fasciale sfrutta l’energia elastica e la forza inerziale (oscillare un arto).      

Mezières, Stecco, Busquet, Meyer e Colonna: questi i testi sacri per la ginnastica mio-fasciale. Per i/le coach, è utile sapere che, nell’intraprendere una routine ginnica nuova, occorre raccogliere dei dati importanti nel fare la valutazione posturologica agli allievi/e. 

Partiamo dai fondamentali del lavoro posturale:

  1. respirazione. Come respirano i nostri allievi/e? Non bisogna fossilizzarsi sulla respirazione di pancia, ma imparare a compiere un atto respiratorio libero, fisiologico, consapevole. Nelle sedute specifiche (ZilGrei) gli utenti sbloccano tensioni che non sanno di avere, e riescono a piangere. Ottimo per chi ha poca confidenza corporea, tensione e stress accumulato. Tocca aspetti intimi della persona, insegna ad affidarsi e fidarsi.  
  2. elasticità. Non può esserci un pelvic floor elastico se si è rigidi. Meglio storti ma rilassati che dritti e rigidi (Antigymnastique).

I fautori della ginnastica mio-fasciale dicono di lavorare sia sulle catene muscolari che mio-fasciali. Per questo, uno dei principali esercizi è l’estensione del tronco che realizza lo schema motorio come i fili dei burattini.

La fascia connettivale più i muscoli costituiscono il “sistema mio-fasciale”. La fascia si adatta alle varie posture (sportiva = più elastica, sedentarietà = più tesa). La fascia decide la qualità del movimento, è il direttore d’orchestra del nostro corpo. 

Lavorare sulla fascia vuol dire assorbire gli shock, collegare le parti, consentire la percezione corporea, incidere sulla flessibilità e sulla qualità del movimento, migliorare la circolazione linfatica, stimolare i recettori sensoriali, prevenire le algìe e aumentare la performance ginnica. E poi… è gratificante.