Chi va controcorrente e rifugge il turismo di massa preferendo le tradizione vere degli abitanti del posto, chi ama degustare prodotti tipici dai nomi impronunciabili e perdersi nelle viuzze di borghi immutati, non ha che una scelta: il Salento anche in pieno inverno.
L’offerta ricettiva è molto ricca. Soggiornando nella Tenuta Caradonna (www.tenutacaradonna.com), masseria dell’800 di proprietà della famiglia Ingrosso, si può assistere facilmente ad un compleanno o un matrimonio apprezzando tutta la coreografia e il calore meridionale.
Luogo particolarmente amato dai salentini, è ideale per organizzare eventi: circondata da un vasto parco con giardino all’italiana e uliveti, ha ben due ampie piscine e due maestose scalinate, molto utilizzate per set fotografici.
Vincenzo Carlà sindaco di Lequile, dice: “Lequile sorge ad appena cinque chilometri da Lecce. Famosa per la sua colonna, sormontata dal santo protettore San Vito e decorata con sirene alate, è uno scrigno di tesori“.
“Già passeggiando per le vie del centro storico – continua – si nota il barocco e due dei nostri gioielli: il convento dei frati minori che abbiamo candidato a divenire Luogo del cuore FAI e la chiesa di San Vito, decorata in foglia oro. E poi, i palazzi nobiliari in pietra leccese”, come Palazzo Battista, dal cui ricco balcone si affacciano maschere apotropaiche dalle molteplici smorfie e sirene alate.
Secondo l’esperto di storia locale, professore Antonio Margiotta, “pare che questo palazzo appartenesse ad un ricco ebreo, un banchiere, che, per motivi di convenienza si era convertito al cattolicesimo. Ma la sua conversione non fu mai pienamente convinta, tanto che dal balcone della sua casa… volle far scolpire questi irriverenti puttini perché si trovava proprio accanto alla chiesa madre!”
Entrando nella chiesa madre spiccano gli altari tardo barocchi settecenteschi. E lo stemma dell’Aquila simbolo di Lequile che ricorre sul portale di ingresso come anche negli altari laterali.
Con una bella passeggiata si giunge in piazza dove si affacciano le due sedi del Comune. Il centro storico si sviluppa lungo due vie principali che tracciano la forma di una V.
Cammina cammina, si arriva al Convento dei Frati Francescani Minori realizzato nel XVII secolo e candidato ‘luogo del cuore FAI‘ per i suoi meravigliosi affreschi di cui è adornato tutto il refettorio.
Notevole anche la pregiata antica Biblioteca che custodisce 2085 volumi antichi, tra cinquecentine, seicentine e settecentine catalogati dall’Università del Salento. Particolari sono le Aldine, libri tascabili che i monaci infilavano nella manica mentre passeggiavano.
Passeggiare nell’ arte
L’architettura della chiesa di San Vito è molto simile a quella di San Nicola detta anche del Crocifisso, che si trova all’ingresso della città. Magnifiche le cupole maiolicate realizzate da una vicina bottega di maestri della ceramica di San Pietro in Lama. Ma sulla chiesa, oggi impreziosita dalla vicinanza di un’aquila scolpita in pietra leccese, aleggia una leggenda.
“Pare che durante la realizzazione di questa chiesa”, racconta il professore Margiotta, “l’allievo di Salvatore Miccoli avesse superato in bravura il maestro, il quale, preso dall’invidia, gettò dall’alto di una balaustra il povero discepolo. Da quel giorno la chiesa fu maledetta: infatti è quasi sempre chiusa e sopra di essa si sono scatenati fulmini, rovinando la cupola”.
Tanta bellezza, tanto sfarzo nelle chiese e nei palazzi gentilizi si spiega in un solo modo: Lequile era un borgo molto ricco e attraeva da tutta Italia uomini d’affari. Un esempio è la storia della famiglia dei principi Saluzzo, che arrivati da Genova, intuirono l’affare dell’olio d’oliva lampante e si dedicarono alla produzione e alla commercializzazione.
L’oro verde
Il frantoio ipogeo va immaginato come il ‘pozzo petrolifero dell’epoca’, da cui non si estraeva petrolio, ma olio d’oliva che veniva utilizzato per illuminare le vie e le piazze di Londra, Mosca, Parigi. L’olio del Salento era così richiesto che ogni giorno partivano ben 70 navi cariche di olio dal porto di Gallipoli, dove avevano sede le principali ambasciate e dove c’era la ‘Borsa degli Oli‘ di Gallipoli.
A Lequile, e precisamente nella frazione di Dragoni esistevano ben otto frantoi ipogei di cui uno è ancora oggi visitabile. Grazie a questa attività così fiorente vennero impiantate anche molte fabbriche del sapone, tra cui, la più importante era quella della famiglia veneziana del marchese Pietro Maria Ferraroli, fondata nel 1751.
L’attività dei produttori di sapone i ‘sapunari‘ – in dialetto lequilese – si protrasse fino ai primi del ‘900 tanto che uno di loro, Luigi Signore, ottenne un importante premio a Genova (1912).
Nel frantoio ipogeo, uomini e animali guidati dal capo, il nachiro (nocchiero), vivevano giorno e notte insieme senza mai uscire per sei mesi.
La tavola invernale salentina
L’8 dicembre, giorno dell’Immacolata, segna l’inizio delle Festività. E non poteva mancare una specifica gastronomia. Alla vigilia della Festa, per rispettare il digiuno, si mangiano le ‘pucce‘ dell’Immacolata: il tipico pane leccese, rotondo e paffuto, che viene farcito con tonno, capperi e formaggio.
Nel celeberrimo forno Amato una tappa è d’obbligo. Qui si sfornano anche ‘pittule’: palline di pasta fritta semplici o farcite con olive nere e pomodori (alla pizzaiola) oppure con cavolfiore e altri tipi di verdura. A Gallipoli la farcitura avviene anche con il pesce.
Questi tipici piatti del periodo natalizio sono così buoni che oggi vengono serviti come antipasto in quasi tutti i ristoranti del Salento. Il forno Amato si caratterizza per l’utilizzo delle farine, rigorosamente locali.
Questo antico forno a gestione familiare è uno dei pochi d’Italia ad utilizzare ancora i forni a legna come una volta: la pietra viene fatta diventare incandescente accendendo ramoscelli di ulivo (le famose sarcine) e dopo aver tolto i carboni e la cenere, si adagiano pucce, pizzi, friselle, pane multicereali, focacce e tante altre prelibatezze, che vengono preparate ancora oggi come si faceva un tempo.
E’ festa per le strade
E’ sera, la musica di un pianoforte a coda sotto la colonna di San Vito annuncia l’inizio di un grande evento, con cui l’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco, Vincenzo Carlà, punta a valorizzare il centro storico, soprattutto nei suoi angoli meno conosciuti.
Si aprono le case a corte, i palazzi nobiliari per ospitare performance di musicisti, cantanti, ballerini, angoli dedicati all’enogastronomia tipica natalizia.
L’evento, affidato all’agenzia White, con la direzione artistica di Antonio Bruno, è giunto alla sua seconda edizione e ha richiamato visitatori da ogni parte del Salento e d’Italia, desiderosi di godere della bellezza del centro storico di Lequile.
Gli eventi sono l’occasione per scoprire angoli segreti come la via dell’Amore con cuoricini rossi e l’espressione TI AMO declinata in tutte le lingue, in omaggio ai visitatori stranieri.
Sulle piazzette del centro storico si può ballare la pizzica, godendo delle danze e delle musiche del Centro di cultura popolare di Melpignano. Ma vi è anche la musica pop proposta dai giovanissimi musicisti locali del gruppo Heaven’s way.
Infine, l’evento ‘Alle porte della città‘ trasforma le corti in atelier di moda, dove espone fra gli altri il giovane stilista Raffaele Raho, originario di Dragoni. Ma cuore pulsante dell’evento è stato il chiostro dell’ex convento delle Cappuccinelle, oggi sede del Comune.
La mostra ‘La Chioma di Berenice‘ dedicata al mito di Berenice che si priva della sua bella chioma per invocare la Pace e firmata dalla bravissima e creativa, Roberta Apos, ha riscosso un grande successo come anche le rassegne “C’è Vini a Sud” e “Bolle di Puglia” un viaggio tra le cantine e le bollicine delle Donne del Vino.
Si torna a casa con un bel ricordo della Puglia salentina, con le sue bouganville fiorite a dicembre, con i suoi saperi e sapori condivisi, con il carattere gioviale dei suoi abitanti. Questo è il turismo che lascia qualcosa, perché questa è una terra che dà molto di sé a chi la scopre.