Da Palazzo Cipolla di Roma si ode la voce di “Picasso lo straniero”. Un Picasso inedito, forte, sofferente per la condizione di “migrante” in cui viene ricacciato, voce ben ‘udibile’ dalle opere esposte per la loro modernità.
A tempo di record è stata organizzata quella che promette essere una delle esposizioni più prestigiose della Capitale in pieno Giubileo. Nuovo di zecca, il magnifico edificio di via del Corso merita a pieno titolo un grande riconoscimento.
La sua terra adottiva, la Francia, non concederà mai la cittadinanza a Pablo Picasso perché considerato scomodo. Pochi sanno che ben 700 suoi dipinti cubisti furono confiscati e messi all’asta, pochi sanno le traversìe che ha avuto il giovane artista in una Francia xenofoba.
La curatrice Annie Cohen-Solas ha voluto svelare un aspetto nuovo e poco esplorato del genio spagnolo che, malgrado le umiliazioni e i rifiuti, perseguì il suo fine espressivo libero e folle com’era lui.
Anarchico, critico, sovversivo: Picasso rivoluziona la percezione estetica convenzionale scegliendo come soggetti figure umili e – solo apparentemente – insignificanti, come il disegno preparatorio per la scultura “l’uomo con la pecora”.
Preferisce stare dalla parte dell’ebreo, dello zingaro, dello storpio e dell’omosessuale, in contrasto agli stereotipi estetici di perfezione ariana del fascismo dell’epoca e coerentemente alla sua traiettoria politica.
Picasso lo straniero, Museo del Corso Palazzo Cipolla di Roma, fino al 29 giugno

