Para e dismorfismi: la scoliosi

Un paramorfismo è un’alterazione della colonna vertebrale su base funzionale senza lesioni organiche strutturali; un dismorfismo è un atteggiamento alterato cronico, determinato da alterazioni strutturali scheletriche su base congenita o acquisita.

Il paramorfismo può diventare dismorfismo se lo si trascura. I muscoli lavoreranno sempre in maniera sbagliata. Si registra – per esempio – l’ aumento delle verticalizzazioni del tratto cervicale per l’uso del cellulare flettendo il collo annullandone la curva fisiologica.

La scoliosi latero convessa inferiore a 20° – posturale, antalgica o da atteggiamento viziato – la si può correggere con un adeguato esercizio fisico specifico. Se è dismorfica, ovvero con rotazione dei corpi vertebrali interni, richiede competenze ortopediche e – in casi gravissimi, 45 – 50° – chirurgiche. 

Importante è imparare ad ascoltare il proprio corpo, capendo quando non esagerare. Lordosi cervicale, cifosi dorsale, lordosi lombare e cifosi sacrale sono le 4 curve da mantenere per consentire alla colonna vertebrale elasticità e solidità. 

In soggetti scoliotici, occorre allungare i distretti muscolari accorciati e rinforzare quelli ipotrofici. Questi gli esercizi da evitare in presenza di un quadro scoliotico: irrigidimento colonna, squat, affondi, verticali, flessioni all’indietro come in alcune posizioni yoga. 

La scoliosi in genere non dà dolore, e si compie nel tempo un’azione compensativa dell’organizzazione del movimento. Ottima la danza, il golf (con corsetto!*) e il Feldenkrais.

Diversamente a quanto si credeva in passato, il nuoto – escludendo qualsiasi ricostruzione posturale perché lo si pratica in assenza di carico – è inadatto se non controindicato. 

Limitando il controllo delle torsioni della colonna vertebrale, le inevitabili antiversioni del bacino e le forze vettoriali dei muscoli del dorso, lavorare “assecondando” la curvatura ossea e aumentando le tenute contrarie.

Inoltre, le bracciate simultanee e bilaterali tipiche del nuoto “a farfalla o delfino” potrebbero incidere negativamente in ragione di un eccessivo sviluppo dei pettorali.

Idem dicasi per lo stile “a rana” che potrebbe avere un effetto cifotizzante a livello toracico e provocare dolore. Non parliamo poi del sollevamento pesi: il rachide di un soggetto scoliotico è già fragile, e il sollevamento pesi può determinare un carico vertebrale molto elevato.

In generale, occorre evitare di andare in iperlordosi lombare. Il corsetto* – se portato a lungo – tende a irrigidire la colonna vertebrale e la muscolatura di sostegno.

Fare sport senza corsetto aiuta a sviluppare le abilità neuromotorie della spina dorsale, libera dal bustino. L’ obiettivo dev’essere sempre quello di mantenere la scioltezza nei movimenti del tronco.

Quando si compiono esercizi asimmetrici, far attenzione a che non si creino tensioni sulle spalle o sul collo, per evitare la lordosi, quindi trazioni, flessioni, inclinazioni, estensioni e rotazioni.

Va rinforzata la catena posteriore, consolidando la muscolatura che presiede alla postura per stabilizzarla. insomma, bisogna creare un “corsetto muscolare” che sorregge la spina e rallenta l’iter della curvatura.

Si lavori anche su intercostali, flessori dell’anca, collo e addominali. Qualche esercizio, da provare dopo una diagnosi chiara – anche radiografica – e una visita posturologica completa:

1° es: supini con ginocchia al petto, retroversione bacino facendo toccare la regione lombare al tappetino; 2° es: supini con ginocchia flesse, piedi appoggiati al suolo, fare pressione con la mano dx sul ginocchio della gamba sn taccando solo la testa dal pavimento e cambio;

3°: in ginocchio, seduti sui talloni, abbassare il dorso gradualmente scivolando con le mani in avanti, allineando sempre il capo con il busto;

4°: seduti su una sedia, braccia lungo i fianchi, autoallungamento del rachide appiattendo la curva lombare e tenendo il mento ben retratto, stendere tutti i muscoli dell porzione dorsale;

5°: supini con ginocchia piegate, piedi aderenti al tappeto: alzate i piedi dal tappeto mantenendo le anche e le ginocchia piegate, dalla posizione orizzontale e parallela al pavimento, allungare le gambe in verticale e flettere nuovamente le ginocchia, per poi tornare alla posizione iniziale.

6°: seduti su un pallone, farsi dare delle spinte tali d poter perdere l’equilibrio e provar a mantenere la posizione iniziale, sforzando tutti  muscoli dorsali;

7°: in piedi dorso alla parete, far aderire il tratto lombare al muro con i piedi un po’ distanziati; 8°: in piedi con un piccolo peso in testa, il mento retratto, la regione dorsale stesa e la zona lombare appiattita.

Il metodo Klapp si fonda sull’assunto che gli animali vivono carponi e non presentano segni di scoliosi. Se l’homo sapiens si è emancipato dalla quadrupedìa, è pur vero che la sua colonna va incontro a diversi rischi.

Perciò gli esercizi eseguiti carponi possono ripristinare la situazione ottimale per intervenire con l’insorgere della scoliosi oppur mitigarne gli effetti.

Azzerando la forza di gravità, si rilassano i muscoli del tronco conferendo maggior mobilità alla colonna, e il busto inclinato non permette movimenti laterali errati.    

L’ apprendimento di schemi motori giusti consente di applicare reazioni riflesse di tipo auto correttivo, anzichè deformante. Più precoce è l’interiorizzazione posturale sana e meglio è (zaini pesanti, obesità infantile, valgismo, piede piatto).