Vittoria De Matteis Radio RAI

Podcast per ricaricarsi? NativA e Sporting Suite

Oggi ospitiamo la giornalista M. Vittoria De Matteis di Rai per il Sociale. Oltre a realizzare “Speciali” tematici (festa del lavoro, nascita della repubblica, giornata contro le mafie, etc) e Web Doc di attualità, è ideatrice e curatrice di rubriche IGTV come #Walden3 per i giovanissimi e #CosaFunziona. Conduce un podcast sulla creatività al femminile (NativA) e uno sullo sport in rosa (Sporting Suite) per Raiplayradio.

In radio, oltre alle edizioni quotidiane del Gr, la si è ascoltata su produzioni quali Techetè, Inviato Speciale, Mary Pop, Storie, Formato Famiglia e Viaggi di Radio1.

Ma il suo primo amore è la tv. Dai notiziari regionali a Rai International, dal Tg2 a Rainews24. Svolge attività sindacale all’interno della sua categoria, essendo eletta componente della Commissione Pari Opportunità dell’Associazione Stampa Romana (FNSI) e fa parte di #nobavaglio.

La piena attuazione delle pari opportunità diventa un suo interesse già dalla Facoltà di Sociologia (Università La Sapienza, Roma) dove si laureò a pieni voti discutendo una tesi di Sociologia del Lavoro su “Maternità come diritto di cittadinanza”. Il suo impegno per il riconoscimento dei diritti umani anche in ambito mediatico lo si evince anche dalla tesi di specializzazione in Analisi e Gestione della Comunicazione, (Università di Tor Vergata, Rm) con la tesi “Bambina televisione” su una “dieta” tv razionata per i minori.

Sue pubblicazioni, conferenze, corsi di formazione e docenze universitarie in tutto il Paese sono state improntate tutte su queste tematiche a lei care. Lo sport è un altro dei suoi ambiti preferiti, passione che non ha mai abbandonato, e che ha trattato cogliendone il valore sociale.

Cosa consiglierebbe a un/una giovane che volesse intraprendere il suo mestiere?

Di pensare a un piano B. Non solo perchè non si guadagna e non ci sarà accesso alla pensione Inpgi, ma perché non è più richiesto un giornalismo accurato, d’inchiesta e verificabile. E questo è avvilente per chi ha un paio di lauree, qualche master e molte aspettative.

Come iniziò la sua carriera giornalistica?

Da piccola, in un cassetto dell’armadio, collezionavo fogli di carta di ogni tipo purchè bianchi: non si sa mai dovessero servire, pensavo… Poi un giorno (avrò avuto 12-13 anni circa) barattai un tostapane per una macchina da scrivere Olivetti rossa, proprio la mitica Valentine che avete scelto come logo del vostro magazine. E il mio destino fu segnato.

Quando capì che questo era il lavoro che avrebbe sempre voluto fare?

Non subito: mi iscrissi a Medicina, a Psicologia e ad Architettura passando i test ovunque, ma poi ripiegai su Giurisprudenza per dar retta a mio padre. Ero appena un po’ confusa, non sempre a 18 anni si hanno le idee chiare. Tuttavia, aule gremite, colori cupi, facce tristi, nozioni su nozioni da mandare a memoria mi fecero scappare dopo un anno, in gran segreto e senza rimpianti. E approdai a Sociologia.

Si respirava un’ altra aria?

Lì iniziò la mia formazione umanistica, anche se si trattava di scienze sociali. Lezioni in cortile, risate, caffè con i professori e creatività incentivata erano le chiavi giuste per motivarmi e farmi restare anche dopo, prendendo parte a dei progetti di ricerca interessanti (servizio civile, dieta televisiva, etc). Ferrarotti (Sociologia) e Catemario (antropologia culturale) sono stati i miei due pilastri.

Come ha coniugato il suo background con il giornalismo?

Odiavo il catechismo perché dogmatico e colpevolizzante. Invece, i semplici valori imparati dagli scout laici CNGEI (il forte protegge il debole, lascia il pianeta più pulito di come lo trovi, etc) li ritrovai poi nelle materie sociologiche (come anche nell’indimenticato esame di Filosofia del Diritto, a Giurisprudenza). Quale migliore applicazione degli stessi se non in un lavoro al servizio degli altri, come l’informazione?

A suo figlio/a, se mosso da sacro fuoco, consiglierebbe di seguire le sue orme?

Ripeto la prima risposta: no, se non con anche un piano B. Il giornalismo è soppiantato da algoritmi e logiche di mercato che poco hanno a che vedere con l’informazione corretta. La vista è troppo sfruttata, la cervicale duole, lo stress incalza: viva i podcast, credetemi.