di REDAZIONE WELLTRIBUNE.IT · PUBBLICATO 22 MAGGIO 2018
Accompagnare la donna nel momento più doloroso della sua vita: quello di affrontare un cancro, ‘viaggio’ in cui si ritrova troppo spesso da sola
La grande kermesse per prevenire il tumore al seno – Race for the cure – si è volta come ogni anno al Circo Massimo di Roma, dove iniziative, stand, ospiti, e una grande maratona ricordano l’importanza di conoscere il cancro per sconfiggerlo. Ma è un diritto da esercitare tutto l’anno, quello dell’informazione su come prevenire o vincere il cancro al seno, prima causa di morte per le donne. Molte le strutture pubbliche attive in questo senso sul territorio nazionale e, a Roma, una delle realtà sanitarie più presenti in questo programma informativo è il Polo ospedaliero S. Spirito. Ne parliamo con il responsabile della sezione dedicata del nosocomio, il prof. Pier Luigi Bonatti.
Che differenza c’è fra il vostro approccio al cancro e quello del network Race for the Cure?
La differenza è di essere seguite in modo ‘personale’. Soprattutto, le nostre utenti trovano nelle altre donne una vera condivisione nel percorso (terrorizzante, al momento dell’impatto), e poi il timore delle recidive viene sostituito nella possibilità di trovare altre occupazioni come incontri culturali, iniziative ed amicizie che portano a sminuire il dramma che le coinvolge i prima persona.
Oggi è sufficientemente chiaro – secondo lei – il concetto di prevenzione?
Ben poco: esistono disposizioni nate della cultura scientifica che dicono che lo screening mammografico è la strategia ideale per diagnosticare in tempi precoci il tumore della mammella in età tra 50 e 69 anni. C’è una prevenzione ‘primaria’ (quando io ho una sostanza che, venendo a contatto con me, provoca una malattia, es. fumo di sigaretta: tumore al polmone, coloranti: tumore della vescica) Per il tumore della mammella non esiste prevenzione primaria. Una ‘concausa’ possono essere gli ormoni estrogeni presenti in molte carni, il sovrappeso, ma anche lo stress. La prevenzione ‘secondaria’ è la diagnosi precoce: ovvero, trovare il tumore appena nato.
Quale il protocollo diagnostico-tipo?
Questo lo assicura la mammografia, neanche l’autopalpazione, perché quando noi troviamo un nodulo palpabile è già arrivato ad 1 o 2 cm. La mammografia trova lesioni anche attraverso le microcalcificazioni, oppure noduli inferiori al cm. Poi si fa l’ecografia per andare a delimitare e migliorare l’immagine mammografica. L’eco fatta sistematicamente non è un’indagine di prevenzione, e neanche la visita. Purtroppo al centro sud, solo il 30-40% delle persone rispondono all’invito della lettera inviata dalla Asl a presentarsi in ospedale: occorre invogliare a fare lo screening, con iniziative tipo ‘Ottobre rosa’, manifestazione nazionale alla quale aderiamo riservando anche incontri – il sabato – divulgativi. C’è un limite di 100 accessi però dev’esserci anche la qualità e senza correre rischi nella lettura degli esami. Si riesca a familiarizzare col tumore della mammella grazie a queste manifestazioni. La risonanza magnetica nucleare rileva più accuratamente lesioni in tempi successivi alla mammografia e all’ecografia, in caso di dubbio. Da noi si fa anche la biopsia rmn-guidata, qui e in un altro ospedale romano. Nella valutazione di pazienti con riconosciuto rischio genetico, con positività di alterazione brca1 e brca2, si agisce in base ad un preciso protocollo: ci sono tumori che nascono per un’alterazione cromosomica, e il caso di Angelina Jolie ha fatto da cassa di risonanza mondiale di un problema reale. Tutte le donne che hanno una familiarità con il tumore mammella effettuano una visita genetica (al S.Anna, al Gemelli, etc).
Informare la donna del suo diritto alla salute e del suo facile accesso, quindi
Certo: periodicamente, la donna riceve la lettera, viene a fare analisi e va a casa. La donna se ha un dolore un sanguinamento, chiama lo screening e se ne fa carico, tutto gratuitamente e senza ticket. Questo servizio consente la prevenzione ‘secondaria’ e, qualora non ricevesse la lettera, c’è un numero verde da contattare sul sito della regione Lazio. Il valore aggiunto del nostro centro di sanità pubblica – senza fare paragoni sgradevoli – è che, in uno stesso luogo e in breve tempo, assicura tutte le necessità diagnostiche e terapeutiche.
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